Dopo successi come Il cacciatore di aquiloni e Mille splendidi soli, Khaled Hosseini torna alle stampe con il nuovo romanzo E l’eco rispose.
Questa nuova opera dell’autore risulta strutturalmente più complessa dei
precedenti libri, ma, ahimè, anche meno riuscita. Nonostante lo stile
sia, bene o male, il solito, stavolta non è riuscito a catturarmi
appieno; sebbene la focalizzazione multipla sia una scelta interessante
e più dinamica (oltre che per niente casuale in questo romanzo),
risulta altresì più dispersiva se la narrazione si snoda da troppi punti
di vista, che sono ben otto in questo caso.
Un’altra differenza rispetto agli altri
romanzi è l’ambientazione. L’Afghanistan è la terra delle storie di
Hosseini, in cui si viene completamente immersi nella cultura del Paese;
una sorta di fiaba esotica dalle atmosfere mediorientali che incantano.
Qui la malia si infrange; romanzo più cosmopolita, si districa
dall’Afghanistan all’America, dalla Francia alla Grecia, senza
però riuscire a regalare le stesse atmosfere suggestive e palpabili, ma
snocciolando semplicemente una lista di nomi, di luoghi, senza
consistenza.
Le storie di:
Abdullah
Su un carretto rosso trainato da un
uomo, Pari e Abdullah attraversano il deserto dal piccolo villaggio di
Shadbagh verso la ricca Kabul. L’uomo che spinge il carretto è Sabur,
padre di Pari e Abdullah. Sabur ha un lavoro da svolgere a Kabul e porta
la piccola Pari con sé. Abdullah sarebbe dovuto restare a casa con la
matrigna Parwana e il fratellastro Iqbal, ma l’amore che prova per la
sorella gli rende impossibile separarsi da lei. Abdullah non ha più una
madre, che è morta dando alla luce Pari, e da allora ha riversato tutto
il suo affetto sulla sorellina, prendendosi cura di lei e accudendola
come farebbe una vera madre. Pari, a sua volta, è affezionata al
fratello più grande che le resta sempre accanto e la protegge con tanto
amore. I due bambini hanno un gioco speciale: Abdullah raccoglie le
piume di vari uccelli e le dona a Pari, la quale le conserva gelosamente
in una piccola scatolina del tè. La felicità per Pari e Abdullah è
restare l’una accanto all’altro, per sempre.
Arrivati a Kabul, lo zio Nabi li porta a casa dei Wahdati, i ricchi
signori presso i quali lavora come autista e cuoco. Abdullah percepisce
subito che dietro l’affettata gentilezza di Nila Wahdati, padrona di
casa, si nasconde qualcosa di molto pericoloso e spiacevole.
Parwana
Parwana ha una sorella gemella,
Masuma. Nonostante le due siano gemelle, sono in realtà molto diverse:
Masuma è estremamente bella, cattura gli sguardi degli uomini ovunque
vada; Parwana invece passa inosservata, incapace di attirare le
attenzioni maschili. Tutta l’infanzia e l’adolescenza di Parwana ruota
attorno alla sorella. Nel villaggio di Shadbagh dove vivono entrambe,
Parwana si innamora del giovane Sabur, cantastorie per diletto. Questo
amore segreto spezza il cuore a Parwana quando scopre che Masuma ha
intenzione di sposarsi con Sabur. E’ un attimo. Un attimo di pura
follia, rabbia, gelosia. Parwana quasi non si accorge di spingere la
sorella giù dall’albero sul quale si sono arrampicate. Tutti pensano a
un disgraziato incidente, ma Parwana sa e non dimenticherà.
Nabi
Nabi è nato e cresciuto nel villaggio
di Shadbagh assieme alle sorelle Masuma e Parwana. Una volta cresciuto
decide di scappare dalla miseria di Shadbagh, dall’invalidità di Masuma e
dalla vita di stento che si prospetta dinanzi a lui, per cercare
fortuna nella più felice Kabul. Nabi trova così lavoro presso il ricco
Wahdati. Nabi è contento della sua vita serena finché non incontra Nila,
bellissima promessa sposa di Suleiman Wahdati. Nila è una donna fuori
dal comune; incurante delle tradizioni e della morale afgana, indossa
abiti occidentali, beve, fuma, si diverte. Nabi perde la testa per Nila.
Farebbe qualsiasi cosa per renderla felice. Qualsiasi cosa.
Idris
Idris viveva a Kabul con suo cugino
Timur finché all’inizio della guerra, le loro famiglie sono emigrate
negli Stati Uniti. Idris, discreto e coscenzioso, si è impegnato e si è
laureato in medicina; Timur, egocentrico e fascinoso, non ha frequentato
l’università, non ha messo la testa a posto e riesce sempre a farla
franca, con grande disappunto di Idris.
I due cugini tornano a Kabul per rivendicare la proprietà delle loro
vecchie case. Una volta a Kabul ritrovano il loro vicino di casa Nabi,
che ospita gli operatori umanitari accorsi da tutto il mondo per aiutare
gli afgani. Idris e Tibur fanno la conoscenza di varie persone tra cui
il medico Markos e l’infermiera Amra. All’ospedale dove lavora Amra,
Idris e Tibur conoscono Roshi, una bambina il cui zio ha massacrato la
famiglia e quasi ammazzato lei. Idris prende subito a cuore la
situazione di Roshi, ed ogni giorno va a trovarla in ospedale. Il legame
che si crea tra i due è sincero e Idris vorrebbe adottare la bambina,
portarla con sé negli States e farla operare come si deve.
Al momento del ritorno a casa Idris promette che parlerà al suo capo per provvedere all’operazione di Roshi.
Una volta in America, Idris si infastidisce per la superficialità degli
altri, per la bella vita che fanno, in confronto a quella della povera
Roshi. Ma gli impegni quotidiani ben presto si affollano e nella mente
di Idris tutta la sofferenza e la miseria che ha visto a Kabul,
l’affetto che ha provato per Roshi, e le sue promesse di aiutarla
sfumano pian piano nell’oblio, come se tutto ciò fosse stato solo un
sogno.
Pari
Dal momento in cui è stata separata da
Abdullah, Pari vive nell’opulenza dei Wahdati. Vista la tenera età
della bambina, col tempo Pari finisce per dimenticare la sua vita a
Shadbagh, dimentica Sabur, il suo cane e il suo amato fratello Abdullah.
La nuova vita di Pari, l’unica di cui potrà ricordarsi, sarà quella
donatale dai Wahdati, che saranno estremamente felici fino alla malattia
di Suleiman. Nali, allergica al senso del dovere e incapace di
rinunciare al divertimento, scappa con la figlia a Parigi.
Ma l’amore di Pari non sarà sufficiente per Nali, e Pari sentirà costantemente l’assenza di qualcosa. O di qualcuno.
Adel
Adel è il giovane figlio del
comandante Sahib. A seguito di un attentato subìto a Kabul, la famiglia
si trasferisce nella vecchia Shadbagh, ora dominata interamente
dall’enorme villa di Sahib. Una nuova Shadbagh è stata costruita poco
lontano. Adel, letteralmente segregato in casa, si sente solo senza il
contatto dei coetanei, finchè un giorno incontra Gholam, un ragazzino
poco più grande, accompagnato dal vecchio padre, entrambi vestiti di
stracci. Adel e Gholam stringono un’amicizia segreta, fino a quando
Gholam gli rivela rabbiosamente che Sahib, acclamato eroe della jihad, è
in realtà un narcotrafficante che ha costruito il suo narco-palazzo lì
dove un tempo sorgeva la casa di suo padre, Iqbal.
Markos
Markos Varvaris è cresciuto nella
piccola isola greca di Tinos assieme alla madre Odie e alla sua amica
d’infanzia Thalia. Il suo spirito intraprendente fa nascere dentro di
lui la voglia di viaggiare per il mondo facendo il fotografo, e così
sarà. Dopo aver visitato ogni luogo possibile, viene ricoverato in un
ospedale in India, in condizioni gravi. Miracolosamente si salva e
decide di diventare medico.
Arrivato a Kabul per aiutare la popolazione rimasta ferita dai
bombardamenti, viene ospitato nella casa di Nabi, col quale stringe
amicizia. Alla morte di Nabi, Markos trova il suo testamento assieme a
una lunga lettera che dovrà recapitare a sua nipote Pari. Markos si
mette alla ricerca della donna e la ritrova.
Pari
Pari porta lo stesso nome della
sorella di suo padre, Abdullah. Da sempre ha sentito la presenza
dell’altra Pari accanto a sé, desiderando ardentemente di poterla
incontrare.
Pari cresce negli Stati Uniti dove il padre ha aperto un ristorante
afgano. Il sogno di Pari è quello di diventare un’artista ma, a pochi
giorni dalla partenza per il college, la ragazza scopre che sua madre è
malata e decide di restare con i suoi genitori. Dopo la morte della
madre, Pari deve poi assistere il padre che ormai ha perso la testa.
Pari rinuncia così alla vita per dedicarsi alla sua famiglia, ma la
telefonata di sua zia Pari le ridonerà una nuova prospettiva per il
futuro.
I temi
Il tema principale di questo romanzo è
la sofferenza nei suoi molteplici aspetti, tra cui spiccano senza
dubbio quelli dell’abbandono e della bellezza. La guerra invece
riecheggia come un sottofondo, con tutte le sue atrocità e le
conseguenze che comporta.
Si parla di abbandono nelle storie di
Abdullah, Nabi, Nila e Idris: Abdullah che subisce la perdita di Pari,
Nabi che abbandona le sue sorelle in cerca di una vita più facile, Nila
che abbandona il marito per fuggire da una vita di rinunce e
responsabilità per lei penose, Idris che finisce per dimenticare la
piccola Roshi.
La storia di Abdullah è stata per me
la più triste; spezza il cuore assistere alla separazione dei due
bambini, che non hanno altro se non loro stessi, alla sofferenza di
Abdullah, rimasto ormai solo, sconfitto ma che imperterrito continua a
conservare le piume che trova per donarle a Pari il giorno in cui,
spera, la rivedrà.
Anche la bellezza apporta la sua bella
dose di sofferenza e la storia di Parwana ne è un esempio: chi non
possiede tale caratteristica soffre e si tortura, si sente una nullità, è
corroso dall’invidia; chi invece è più fortunato e possiede tale dono
diventa un bersaglio, fonte di amore ma anche di odio, perché la
bellezza è un’arma a doppio taglio.
L’amica di Markos, Thalia, viene abbandonata dalla madre perché
sfigurata, e rinuncia a una vita ricca di sogni perché consapevole che
il suo aspetto predominerà sempre su tutto, anche sul suo talento.
La bellezza di Nila le consente di avere schiere di uomini ai suoi
piedi, ma ciò non la renderà comunque libera da quell’infelicità che
fondamentalmente le scorre da sempre nelle vene.
Tutto può essere sofferenza, anche la bellezza.
Conclusioni
E l’eco rispose è un romanzo di assenze e di dolore, di lotta continua per la sopravvivenza, per la felicità.
Tante piccole storie, tante tranches de vie, messe l’una accanto
all’altra; si parte dalla separazione di Pari da Abdullah, che sarà il
filo conduttore di tutto il romanzo, per poi coglierne costantemente
l’eco che risuona nelle vite dei protagonisti. Tanti piccoli pezzi che
vanno a completare il puzzle.
Come ho scritto in precedenza, la
focalizzazione multipla non è una scelta casuale: l’esistenza, nella sua
totalità, non si compone infatti di vari punti di vista? La verità non è
mai una sola; dal punto di vista di Abdullah, Nabi è il “cattivo”,
mentre dal punto di vista di Nila, Nabi è il “buono”. Per Abdullah, Pari
è l’adorata sorella, per Nila è l’agognata figlia, per Nabi, Pari è sì
la nipote, ma anche il mezzo per donare la felicità a Nila. Niente è
assoluto se non la propria percezione delle cose.
Alla fine non esiste giusto o sbagliato, non ci sono vincitori o vinti. Si tratta semplicemente di vita.
Il caso fortuito, che porta al concatenarsi degli eventi, assume le
sembianze del destino che man mano riallaccia i fili sciolti della
vicenda iniziale.
Anche il Karma sembra trovare il suo
ruolo in questa storia: Parwana, responsabile dell’invalidità di Masuma,
resterà al suo fianco e se ne prenderà cura, assecondando ogni sua
richiesta come una sorta di penitenza. Nabi, che scappa dalla paralisi
della sorella, finirà a sua volta per occuparsi dell’infermo Suleiman.
Come in un gioco di specchi ogni riflesso porta con sé la sua origine,
così da ogni azione scaturisce una conseguenza e ad ogni torto segue una
punizione.
Sebbene non sia ai livelli dei precedenti lavori di Hosseini (tra cui Mille splendidi soli
resta sicuramente il mio preferito), questo libro è un buon romanzo, ma
è altresì troppo “tragico”. Con questo non voglio dire che la vita sia
tutta rose e fiori, anzi, ma non so, forse nella finzione letteraria
questo aspetto di tragicità e miseria umana diventa troppo marcato, come
una forzatura, che sa di artefatto.
Voto: ★★★