venerdì 7 marzo 2014

Sconosciuti in treno #I brividi del venerdì

Questo post è pieno di spoiler, soprattutto nell’epilogo, prendete le vostre precauzioni, io ve l’ho detto.
Comunque…




Questo libro è un gran bel libro.
La trama è geniale: due uomini, completamente estranei, che si conoscono per puro caso su un treno, una proposta assurda quanto agghiacciante e…BAM! Basta questo per unire definitivamente i loro destini nel filo nero della morte.


Da una parte c’è Guy, giovane architetto, classico bravo ragazzo, che vedrà strapparsi via la felicità tanto laboriosamente costruita per cadere in un vortice di ansia, persecuzione e soffocamento; dall’altra c’è Bruno, ricco, alcolizzato cronico, morbosamente affascinante sebbene (o proprio perché) squilibrato fin nel midollo.

Sul treno
Guy sta tornano al suo paese natio, nel Texas. Ha una questione importante da risolvere: chiedere il divorzio alla fedifraga moglie Miriam. Guy ha sposato Miriam in gioventù; a quel tempo l’amava molto e avrebbe continuato ad amarla se lei non l’avesse tradito. Guy se ne è andato, ha ricominciato una nuova vita, ha una splendida carriera dinanzi a sé e un nuovo amore, Anne, con la quale vuole risposarsi. Ma Miriam potrebbe fare storie…
Sul treno verso Metcalf tiene un libro in mano ma è assente, guarda fuori dal finestrino, perso nei suoi pensieri. Alzando lo sguardo incontra quello di Bruno, un estraneo, un altro passeggero, come lui. Un urto involontario contro il piede dell’altro. Delle scuse. Dei convenevoli. Delle domande – “dov’è diretto?” -, domande innocenti, ma che man mano diventano sempre più personali.
Quel treno, quell’incontro, quell’uomo, saranno la rovina di Guy.


Bruno
Charles Anthony Bruno è un giovane ricco annoiato. I soldi gli hanno permesso di fare la bella vita, provare ogni cosa, ha già sperimentato e visto tutto e inevitabilmente è sempre alla ricerca di nuove emozioni: la guida da bendato, il furto in un appartamento, qualsiasi cosa, per il semplice gusto di farlo.
Alcolista incallito, Bruno è sempre ubriaco, la sua salute è instabile così come il suo umore; alto e pallido, appare una figura nervosa e nevrotica, la sua gestualità smodata, i suoi tic, i suoi scatti, sono caratteristiche intrinseche e distintive del suo carattere.


Paranoico e spocchioso, Bruno cova un odio profondo verso il padre che non vuole più assecondare la vita sregolata del figlio. Il Capitano, come lo chiama Bruno, vorrebbe che il figlio smettesse di crogiolarsi nell’ozio e andasse a lavorare nell’azienda di famiglia, cosa che Bruno, da bravo erede viziato, non è di certo intenzionato a fare, ragion per cui il padre rifiuta a Bruno la sua rendita.
Il Capitano ce l’ha con Bruno, è contro di lui, gli nega ciò che è suo di diritto,
è ingiusto!
Il padre allora non è più una persona, bensì un intralcio nella vita di Bruno. L’odio viscerale che prova il giovane va al di là della ragione: è un odio puerile ed egoista.


Poi c’è la madre di Bruno, la classica ochetta dell’alta società, una gatta morta che si preoccupa solamente del suo aspetto e di godersi la vita nel lusso e nel divertimento. Il figlio per lei è più come un animaletto da compagnia. Ma per Bruno la madre, così bella, così simpatica, incarna l’ideale della donna perfetta. Sempre insieme a lei, va oltre l’essere un “mammone”, ha un rapporto quasi morboso con la donna.
L’ammirazione, se non venerazione, che prova per la madre da un lato, sfocia nella misoginia dall’altro: non c’è nessuna come sua madre, tutte le altre donne sono solo delle puttane.


Appassionato di romanzi polizieschi, nella sua mente malata e annoiata prende forma l’idea di compiere un omicidio.
Uccidere il padre diventa il chiodo fisso di Bruno, ma sa bene che se il padre morisse, i sospetti ricadrebbero su di lui. Così inizia a pensare in modo maniacale al delitto perfetto; studia nei minimi particolari ciò che deve essere fatto per farla franca, finché non arriva a una soluzione: uno scambio. Trovare una persona, preferibilmente estranea, che come lui desideri sbarazzarsi di qualcuno, compiere ognuno al posto dell’altro il crimine prefissato, e sparire l’uno dalla vita dell’altro. Un piano geniale. Non fosse che Bruno non ha idea di chi interpellare per attuare quell’idea così ben architettata. E’ una questione delicata, e non tutti potrebbero reagire bene a una tale proposta.
Ma ecco che il destino pare accontentare la sua follia.
Su un treno qualunque, Bruno nota quel passeggero davanti a lui, comincia a parlargli e a indagare sulla sua vita. Giovane architetto con la testa a posto, l’esatto contrario di lui. Forse proprio per questa diversità Bruno sente un’affinità con Guy, un desiderio di amicizia e complicità, e decide che deve essere lui l’altra chiave del suo piano.
Guy è giustamente infastidito dalla proposta scandalosa dell’altro, ma Bruno pare non accorgersene, o non importargli, tanto si è fissato di aver finalmente trovato il suo complice. Ormai non ha più importanza cosa dica Guy, Bruno ha già deciso tutto.


Trovata Miriam inizia a seguirla. La donna è con un gruppo di amici al lunapark. Bruno non la perde di vista. Non sa ancora come la ucciderà, ma la cosa non lo preoccupa; coglierà l’ispirazione sul momento. E il momento arriva. Miriam e i suoi amici affittano una barca e raggiungono un isolotto sul lago. E’ completamente buio. Rimasta un po’ indietro Miriam è sola. Ecco, è il momento.
Se in un primo istante Bruno è refrattario all’idea del contatto con la donna, man mano che sente la vita di Miriam scorrere via prova un senso di eccitazione, di esaltazione tale da ben poterlo identificare come uno psicopatico criminale.
La sua parte è stata fatta, adesso tocca a Guy.


Passa il tempo e non succede niente. I due omicidi non devono compiersi in periodi ravvicinati, non devono venire collegati in alcun modo. Ma l’impazienza di Bruno è tangibile, e quando Guy viene a conoscenza dell’assassinio di sua moglie teme, in fondo al suo animo, lo zampino del giovane stralunato. Bruno cerca un contatto, manda lettere, poi telefona, diventa sempre più ardito, petulante, finché non comincia a tampinare e perseguire Guy, ricordandogli il loro patto.
E così Bruno si fa sempre più presente nella vita dell’architetto. Lo assilla, lo supplica, lo minaccia. Si autoinvita in casa sua, fa conoscenza della moglie, diventa un “amico” di famiglia. Bruno è ossessionato da Guy. Lo vuole trascinare a tutti i costi nella sua spirale di follia omicida. E ci riesce.


Guy
Guy Daniel Haines è un giovane e promettente architetto, un uomo qualunque, responsabile e con la testa sulle spalle. La sua vita scorre ormai tranquilla dopo gli anni invischiati in un burrascoso matrimonio, al quale ha finalmente deciso di mettere la parola fine.
L’incontro con Bruno sconvolgerà la sua esistenza. Tutti i suoi progetti per l’avvenire, le sue aspettative e le sue speranze vengono distrutte per colpa di un uomo viziato e sbandato. Dalla semplice antipatia che prova per Bruno, Guy si ritroverà con l’odiarlo aspramente, cercando disperatamente di troncare ogni contatto con lui. Ma la trappola claustrofobica in cui cade non gli lascia via di scampo. Ogni giorno un biglietto, una chiamata, una presenza di troppo, asfissiante, angustiante. Non trova pace nel suo ufficio, non trova riparo in casa sua, non trova neanche più riposo nella sua mente. Un incubo in carne e ossa.
Il suo senso etico ripugna un’idea tanto spaventosa come quella dell’omicidio, ma l’assillo di Bruno è soffocante, troppo pressante. E quell’ansia, l’ansia di essere scoperto in qualche modo collegato all’omicidio della ex moglie; la paura di perdere Anne, la sua vita. E’ troppo.
Esasperato più che mai, sull’orlo della pazzia, Guy cede. Uccide il padre di Bruno e spera finalmente di poter mettere fine a tutta quella storia. Ma no. Ormai il legame che unisce i due è segnato per sempre, indelebile. Guy stesso comincia a sentire il bisogno della presenza di Bruno. Ormai sono una cosa sola, uniti per sempre dal sangue e dalla morte.


Epilogo
Bruno, Guy, Anne e altri amici fanno una gita in barca. Bruno ubriaco fradicio cade dallo yacht. E affoga.
La fine di Bruno è quasi indegna: un colpo di spugna e la figura di Bruno non esiste più. Quel tarlo che ha intaccato la vita di Guy è scomparso nel nulla, per sempre.
Questa morte, così rapida e insignificante, mi sembra un contrasto paragonata al personaggio di Bruno, così onnipresente e dominate nel romanzo.
Guy invece farà una fine più penosa, più scialba e miserabile. Colto nel sacco dall’investigatore del caso, Guy, un uomo innocente che ha avuto la sfortuna di incontrare un pazzoide, finisce per pagare le colpe di entrambi, perché Bruno muore e morendo non sconta alcuna pena.
In fin dei conti, Bruno se l’è cavata ancora una volta.


Conclusioni
Scritto nel 1950, questo romanzo riscosse un ben misero successo, finché Alfred Hitchcock ne trasse il film L’altro uomo (o Delitto per delitto).

Nel suo romanzo d’esordio l’autrice, Patricia Highsmith, è riuscita ad architettare una trama avvincente, due personaggi ben costruiti, scandagliati nella loro psicologia fin dentro il loro animo, descrivendo rapporti di amore/odio, di dipendenza ossessiva che ben rispecchiano quei sentimenti patologici dell’universo umano.

L’unica nota negativa per me resta il finale: il romanzo si tronca, stop. Chiuso il sipario, i tendoni calati. Sì, ok, può dare un certo tono, è un finale ad effetto se si vuole – d’altronde quando è finita è finita -, ma questi finali scenici mi lasciano sempre un po’ a bocca asciutta. Bruno mi è stato strappato via così, dal nulla, e non resta che un Guy totalmente sconfitto.

Comunque, resta il fatto che questo libro è un gran bel libro.

Voto: ★★★★

“Quando la tradiva, non avrebbe voluto ucciderla?”
“No. Non possiamo smetterla con questo argomento?”

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