lunedì 10 marzo 2014

Lo scherzo #Lunedì narrativa

Nel 1965, un più giovane Milan Kundera finì di scrivere il suo primo romanzo, Lo scherzo. Un titolo semplice quanto immediato, adatto a racchiudere in sé tutta la sintesi di questo libro.
Romanzo dal sapore agrodolce, che si sviluppa dalle trame di uno scherzo riuscito decisamente male, è un esordio di impensabile bravura, spirito ed ironia.
Una semplice bravata che cambia la vita di un uomo per sempre e un contorno di personaggi che vi ruotano attorno. Questo è Kundera.




Lo scherzo che tanto ridere non fa     
Nella Cecoslovacchia del secondo dopoguerra, in un clima di rigido “ottimismo” e di “ovino” conformismo, lo studente universitario, Ludvìk Jahn, invia per scherzo, a una ragazza da cui è attratto, una cartolina denigrante i valori dell’epoca. Sfortunatamente per lui, la cartolina finisce nelle mani del comitato universitario del partito comunista. Così, il disgraziato burlone si ritrova col venire espulso dal partito comunista e dall’università; nessuno prende parola per difenderlo durante l’assemblea del partito che deve decidere del suo avvenire. Nessuno, neanche i suoi amici.
Il futuro di Ludvìk viene così distrutto da una banale facezia.
Costretto a prestare servizio militare, Ludvìk passa intere giornate a scavare nelle miniere, cercando di evitare qualsiasi contatto con i suoi camerati. Ludvìk è diverso da loro, è lì per sbaglio, per uno stupido scherzo, e prima lo capiranno meglio sarà. Ma la dura vita ai lavori forzati si prolunga per due anni e l’esistenza diventa vuota e misera finché, durante una libera uscita, Ludvìk incontra Lucie, unico barlume di luce che filtra dalle oscure miniere della sua vita.
Forse è perché entrambi sono anime infelici e solitarie, forse è perché Ludvìk non ha altri contatti femminili se non con Lucie, o forse è perché Lucie va sempre a trovarlo, restando lì pazientemente, fuori dalla recinzione della caserma, fatto sta che pian piano Ludvìk si innamora di Lucie, e lei sembra ricambiarlo. Purtroppo per lui, durante un incontro più intimo del solito, Lucie lo rifiuta perentoriamente a causa di un passato di abusi (ma Ludvìk questo non lo sa).
Ludvìk si sente nuovamente tradito, ferito e con il cuore a pezzi. Un cane bastonato e abbandonato da tutti. La rabbia e il risentimento non possono fare a meno di crescere dentro di lui.


Siamo negli anni ’60 e il clima opprimente dell’URSS si è affievolito; gli anni del partito, dell’università, dell’espulsione e del servizio militare in miniera sono ormai lontani, ma non per Ludvìk.
Un’ironia del caso fa sì che Ludvìk conosca la moglie di Pavel Zemánek, il presidente del partito della facoltà che all’epoca imbastì l’accusa contro Ludvìk, l’uomo che Ludvìk odia con tutto se stesso.
Helena Zemánek entra in contatto con Ludvìk per via di un articolo che deve scrivere sull’istituto presso il quale lavora l’uomo. Ludvìk prova subito odio e disgusto per quella donna_ la cui sola colpa è quella di aver sposato Pavel_ e, per una fugace idea del momento, Ludvìk trova lo spunto per vendicarsi: sedurre Helena e possederla, renderla sua, sottrarre a Pavel la moglie, così come Pavel ha tolto la serenità e il futuro a Ludvìk.
Il piano funziona e, disgraziatamente per lei, Helena si innamora di Ludvìk.
Dopo l’immane sforzo di una disgustosa (per Ludvìk) performance sessuale con Helena, l’uomo si sente finalmente realizzato, esaltato, invaso com’è dall’ebbrezza della rivincita sul suo vecchio nemico, ma, sfortunatamente per Ludvìk, la sua prova sessuale ha ben poco valore perché, come viene a scoprire subito dopo, Pavel ha una relazione con un’altra donna e non gli importa più niente di Helena.
Lo sconforto di Ludvìk, il senso di un’ulteriore sconfitta e la presa di coscienza dell’inutilità di tutta questa vendetta, lo svuotano del tutto.
Inquieto, Ludvìk vaga per i campi e incontra il suo vecchio amico Jaroslav, col quale suonava in un’orchestrina folkloristica. Senza pensarci, chiede di poter suonare con lui e sembra finalmente ritrovare la pace, immergendosi nell’incanto della musica popolare che, un tempo, tanto disprezzava.


Tra il riso e il pianto
 La bravura di Kundera non risiede solamente nelle sue doti narrative, fluenti ed eleganti, ma nel suo raccontare la vita, la vita in tutti i suoi aspetti. Il riso e il pianto. Gli elementi tragicomici qui non mancano. La scena di sesso con Helena è a dir poco esilarante: lei, che è totalmente presa da lui, felice, passionale, finalmente rinata e rianimata; lui, che non la può sopportare, la tocca disgustato e deve trattenersi dallo sputarle in faccia tutta la verità.
Oppure la scena del tentato suicidio di Helena; quando scopre che Ludvìk non l’ama, disperata e con il mondo che le è crollato addosso, prende un flacone di lassativi, credendo che si tratti di aspirine, finendo così col ritrovarsi solo con una scarica di diarrea (scusate l’argomento poco felice).
Vicissitudini inverosimili che, se da un lato ti scatenano pietà, dall’altro non possono non farti sorridere.


A carnevale ogni scherzo vale
Si sa, ogni tanto piace a tutti scherzare. Prendete il carnevale (che tra l’altro è finito da poco), una festa incentrata sul gioco e la burla. Il problema, però, è che con gli scherzi bisogna anche stare attenti.
In un periodo di repressione politica, dove vigono motti inquietanti e rigidi dettami sociali, dove anche solo una parola può erigerti a bersaglio, mi pare azzardato (per non dire stupido) scrivere frasi come: ” L’ottimismo è l’oppio dei popoli! Lo spirito sano puzza di imbecillità! Viva Trockij! Ludvìk “. Voi direte “vabbè dai, è un romanzo”. Sì, questo è un romanzo, come anche Terza liceo 1939  è un libro (di Marcella Olschki), ma che tratta di una vicenda autobiografica. La sfortunata Marcella ha frequentato il liceo durante gli anni bui del regime fascista e, una volta terminato l’anno scolastico in questione, ha pensato bene di inviare una cartolina ben poco felice al suo odiatissimo professore. Risultato? Una querela per oltraggio a pubblico ufficiale con tanto di accusa di amoralità e delinquenza, dalla quale per fortuna la Olschki è uscita pulita.
Quindi, insomma, scherzare piace a tutti, ma è bene ricordare che c’è un tempo per ridere e un tempo per scherzare.


Conclusioni
Lo scherzo è una magistrale prima prova di Milan Kundera. Lo stile narrativo perfetto, mai noioso, che ti tiene incollato per ore; l’ironia che trasuda da ogni pagina e i veri e propri concentrati di filosofia, rendono questo libro una lettura, oltre che piacevole, fuori dal comune. Le banalità della vita qui vengono stravolte, esasperate, in una sadica satira come può essere l’esistenza.
D’altronde Kundera pare voler dire proprio questo: ma, infine, non è la vita stessa uno scherzo? 


Voto: ★★★★★

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