sabato 29 novembre 2014

Deus Irae #Il sabato spaziale



IMG_20141129_121759Ma è venuto quel giorno. L’ira si è abbattuta. Il peccato, la colpa e il castigo? Le psicosi maniacali di quelle entità che definivamo nazioni, istituzioni, sistemi – i poteri, i regni, le dominazioni – le cose che si fondono in eterno con l’uomo e che dall’uomo emergono? Il nostro buio, esteriorizzato e visibile? Comunque si voglia guardare a questi fatti, è stato raggiunto il punto critico. L’ira si è abbattuta. (…) E la mano che brandiva quella lama apparteneva a Carleton Lufteufel. Nel momento in cui affondava la lama nel nostro cuore, quella mano non era più umana, apparteneva al Deus Irae, al Dio dell’Ira stesso. Quel che resta sopravvive grazie alla Sua tolleranza. Se deve esistere una religione, ritengo che questo sia l’unico credo sostenibile.
Carleton Lufteufel, chi è? L’uomo che ha ucciso miliardi di persone, ponendo fine al mondo così com’era conosciuto, o la manifestazione terrena del Dio dell’Ira? Carleton Lufteufel è entrambe le cose, come sostengono i SOW, i Servi dell’Ira (Servants of Wrath), un gruppo religioso formatosi a seguito degli eventi che hanno portato alla distruzione del vecchio mondo.
Uno dei membri dei Servi dell’Ira è padre Handy, che ingaggia Tibor McMasters, talentuoso pittore menomato degli arti, per dipingere un ‘chiesesco’, un affresco, che raffiguri l’immagine del Deus Irae, Carleton Lufteufel.
Tibor accetta l’incarico, ma per portare a termine la sua opera ha bisogno di trovare e di vedere con i propri occhi Lufteufel, di cui si è ormai persa ogni traccia; parte così per un ‘Pelleg’, un pellegrinaggio alla ricerca dell’uomo che ha distrutto la civiltà e che lo ha ridotto a doversi servire di protesi estensibili al posto delle braccia, e di un carretto trainato da una mucca per potersi muovere.

Rivali spirituali dei SOW sono i cristiani, i pochi cristiani sopravvissuti alla Terza Guerra Mondiale, che non possono vedere di buon occhio l’impresa imboccata da Tibor; il palesare l’immagine del culto (sebbene per i cristiani non sia possibile e quindi non veritiera e priva di fondatezza) equivarrebbe ad accrescere il potere dei SOW, i quali si arricchirebbero di nuovi fedeli sopraffatti e corroborati nel credo tramite un idolo visibile, materiale. Così, Pete Sands, novizio della comunità cristiana, decide di seguire Tibor, sperando di potergli evitare l’incontro con Lufteufel.
Il Pelleg intrapreso da Tibor è molto pericoloso: nessuno che sia partito per un Pelleg ha mai fatto ritorno; ciò nonostante Tibor è ormai deciso a mantenere il suo impegno. Dipingerà il Dio dell’Ira.
Durante il suo viaggio, Tibor si ritrova a contatto con un mondo a lui estraneo; non poche saranno le volte in cui si stupirà dell’abissale differenza che caratterizza la desolazione dell’ambiente ad appena una cinquantina di chilometri da Charlotteville, la cittadina in cui vive.
A popolare il suo cammino vi sono poi strane creature, risultato delle mutazioni dovute al fallout nucleare della guerra: enormi lucertole antropomorfe, grossi scarafaggi parlanti, vermi famelici dalle dimensioni titaniche e piccoli esseri irsuti, a metà tra esseri umani e macropodidi, denominati ‘corridori’. Assieme a questa fauna geneticamente modificata dalle radiazioni, sopravvivono macchine computerizzate risalenti all’età prebellica, come il ‘Grande C’ (Grande Computer), una sorta di sfinge atipica che, mediante estensioni pseudo robotiche dall’aspetto femmineo, tenta di trascinare gli esseri umani nel suo baratro mortale, non appena questi gli abbiano rivolto le domande a cui il Grande C deve saper rispondere. Altra macchina potenzialmente pericolosa è ‘l’autofab’, una sorta di autofficina autonoma e psicologicamente instabile, alla quale Tibor è costretto a chiedere aiuto.


Un mondo popolato da mostri, mutanti, automi psicotici e assassini, ma pochi esseri umani, per lo più raggruppati in piccole comunità arrangiate in insediamenti semidistrutti, post-bellici.
Questo è il mondo futuro alla Terza Guerra Mondiale del duo Dick-Zelazny; un pianeta desolato, arido e ostile, un mondo popolato da strane creature, come un futuribile Paese delle Meraviglie, ma meno fantastico e più grottesco.


Il Deus Irae
Non lo fare più, per favore. Non avevo capito che fossi la cosa che sei.
« Lo rifaccio eccome, cazzo, se ci provi un’altra volta. »
Non ci riproverò. Ti offrirò dei ratti da
mangiare. Di quelli giovani, grassi. Solo, liberaci dalla Tua ira.
Carleton Lufteufel, il demone dell’aria ( dal tedesco, ‘Luft’ aria e ‘Teufel’ demone ). Il solo nome è evocativo.
Direttore dell’ ERDA ( acronimo inglese che sta per “Ente per lo sviluppo e la ricerca dell’energia” ) ai tempi dell’avvento del conflitto, Lufteufel è il diretto responsabile dello sterminio di massa che ha posto fine alla guerra, il “Creatore”, se così vogliamo chiamarlo, di un mondo civ
ilmente primordiale. Carleton Lufteufel è un uomo in carne ed ossa, ma nello stesso momento in cui ha premuto il tasto dello ‘sputo’ ( l’arma micidiale che ha corrotto ogni cosa ) si è tramutato nel Dio dell’Ira.
E ai pochi superstiti cosa rimane se non il culto in tale dio? Come spiegare altrimenti l’abominio del dolore, della distruzione e della morte che li ha contagiati? La possibilità non può essere che una: esiste un Dio, e questo Dio è malvagio.
Una teodicea ribaltata, annientata nel fallimento di trovare una spiegazione razionale alla compresenza del male e di un Dio caritatevole.
È il Dio dell’Ira che governa questo mondo, e la morte non rappresenta più un ricongiungimento col divino, ma una liberazione da esso.


DEUSIRAEDAW565Carleton Lufteufel è un uomo in carne ed ossa, ribadiamolo; come tale è soggetto al dolore, al deterioramento fisico e morale: come un Cristo trasversale, Lufteufel ha la sua corona di spine conficcata nella testa – resti metallici delle esplosioni -, e la camicia, impregnata del suo sangue ripulito da Alice – una Maria Maddalena ritardata? – , come una santa sindone, ritrae il suo volto impresso nella tela.

A rimarcare l’essenza divina di Lufteufel vi sono i due passaggi in cui l’entità mistica del Dio dell’Ira si manifesta in mondo inequivocabile: la comparsa del dio di fronte a Tibor e la sua ultima apparizione ad Alice.
« Prega! » pretese la faccia. « In ginocchio e con le mani a terra! »
« Ma » disse Tibor « io non ho mani e ginocchia! »
« Questo lo stabilisco io » disse la facciona accesa. Tibor si sentì sollevare di colpo, poi sbatté duramente giù sul prato accanto al carretto. Gambe. Era inginocchiato.
Quando Tibor si ritrova bloccato per via della perdita di una ruota del suo carretto, un disco, i cui tratti facciali vanno formandosi lentamente, si palesa essere un’apparizione di Lufteufel, il quale prima dona gli arti a Tibor, e subito dopo se li riprende, manifestazione rivelante di potenza e sadismo.

Il suo incontro con Alice è invece molto più dolce e serafico. Alice è la ragazza mentalmente ritardata che Lufteufel ha preso con sé. La perdita di Lufteufel equivale per Alice alla perdita del padre, identificato dalla ragazza come tale.
Alice, essere umano subnormale, sarà l’unica a vedere la verità oltre il suo deficit; l’unica in grado di assistere alla teofania del Dio dell’Ira, miracolosamente rappacificato con se stesso e con il mondo.
La pace del Dio dell’Ira sta proprio nella sconfitta. La colpa che pesava sullo spirito di Lufteufel per le sue azioni, viene estirpata attraverso la sua morte.


I temi di Dick: la verità oltre la verità.
L’intero romanzo è una continua disputa teologica su quale sia il percorso “giusto” da seguire. Sostanzialmente, il romanzo ripercorre in chiave mistico-religioso la questione teoretica della verità, tema assai caro a Dick.
Come si sentirebbe il mondo senza di lui…di questi tempi sono davvero poche le cose cui aggrapparsi.
Preposta l’esigenza di una divinità in cui credere in un mondo post-apocalittico abbandonato a se stesso – non veniamo a conoscenza di strutture organico-normative -, il dilemma principale diventa quindi quale sia la divinità in questione cui affidarsi. Continuare imperterriti nella speranza di un dio buono e misericordioso, il Dio cristiano, oppure avallare il rapporto di causa-effetto, secondo il quale, a seguito di tale catastrofe, l’unico dio possibile è un dio dell’ira?
Una volta deciso quale via intraprendere, diventa necessario avvalorare tale scelta con delle prove.
L’ossessione per la verità che tormenta lo scrittore, è la stessa ossessione che spinge Pete Sands all’uso indiscriminato di droghe per arrivare a raggiungere la gnosi; così come per i SOW, l’unico modo per conoscere la sostanza e l’essenza del Dio dell’Ira è quello di ritrarlo.

La risoluzione finale ha un che di tragicomico. Morto Lufteufel, Pete convince Tibor che il barbone avvinazzato trovato in una stalla è il Dio dell’Ira; Tibor, finalmente giunto al termine del suo Pelleg, è pronto a tornare a casa per completare il suo chiesesco.
A diciassette anni dalla morte di Tibor, la gerarchia dei Servi dell’Ira promulgò una dichiarazione solenne di autenticità. Si trattava incontrovertibilmente del volto del Dio dell’Ira, Carleton Lufteufel. Non c’erano dubbi. (…) Questo allo scopo di garantire il rispetto dove mancava, la fede in una società sempre meno religiosa e il credo in un mondo già consapevole del fatto che la maggior parte delle cose in cui credeva si erano rivelate delle menzogne.
In definitiva, Dick afferma ancora una volta che non è possibile conoscere la verità ultima delle cose, ma ciò nonostante è necessario continuare verso il suo perseguimento, evitando di credere ciecamente a ciò che si vede.

Conclusioni
Dopo una prima parte traballante, in cui ho sinceramente pensato che gli autori si fossero fatti di acido, si arriva ad una comprensione più tangibile dell’idea che sta alla base del romanzo. Si capisce dove vogliono andare a parare, insomma. Fino alla seconda metà, in cui inizia la parte veramente intrigante della storia.
Che dire poi dell’accoppiata a quattro mani Dick-Zelazny? Sarò onesta: non mi ha convinta del tutto. Lo stile pare disorganizzato (soprattutto all’inizio, appunto), le descrizioni sono sommarie e i periodi estremamente brevi, segmentati. Questo, assieme ad un uso spropositato del tedesco, hanno reso l’opera disarmonica, proprio in virtù (ribadiamolo) delle differenze tra la prima e la seconda metà del libro. D’altronde c’è da dire che una dozzina d’anni di collaborazione discontinua tra i due scrittori deve aver reso la stesura della storia non poco complicata.
Comunque.
Deus Irae è un romanzo particolare, strano, per certi versi assurdo, ma con delle potenzialità innegabili.


Voto: ★★★½

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