Rieccoci alle prese con Quattro dopo mezzanotte by Stephen King.
Quest’oggi parliamo di Finestra segreta, giardino segreto, forse più noto agli ingenui spettatori come Secret window.
Ebbene sì, Secret window non è altro che una scadente riproduzione cinematografica di questo racconto. Ma del film parlerò dopo.
Finestra segreta, giardino segreto
State dormendo beatamente sul divano
di casa vostra quando un tizio mai visto né sentito bussa alla vostra
porta e vi accusa di plagio. È quello che succede a Mortimer Rainey,
scrittore di mediocre successo, reduce da una dolorosa separazione dalla
sua ormai ex consorte Amy.
L’intransigente straniero lascia a Mortimer una copia del suo
manoscritto, che si rivela praticamente identico al vecchio racconto di
Mort, “Finestra segreta, Giardino segreto”.
La coincidenza è troppo straordinaria perché sia dovuta a un caso, ma
Mort è sicuro che sia stato ill misterioso Shooter a copiarlo e non
viceversa. Ma, come afferma John Shooter, servono le prove e Mort è in
grado di dimostrare la paternità del racconto grazie alla data di
pubblicazione su una rivista custodita nella sua vecchia casa di Derry.
Tre giorni sono il limite di tempo che Shooter concede a Mort perché
recuperi la suddetta rivista, _a patto che esista!_ dopo di che Mort
dovrà prepararsi al peggio.
Per avvalorare ulteriormente le sue minacce, Shooter uccide il gatto di
Mort usandolo come promemoria. Contemporaneamente la casa di Derry
finisce ridotta in cenere dalle fiamme di un incendio chiaramente
doloso, e addio rivista.
È evidente che Mortimer è alle prese con un vero e proprio psicopatico.
Così chiede al vicino, Greg Carstairs, di controllare i movimenti di
Shooter e di andare dal vecchio Tom Greenleaf che, passando col suo
furgoncino, li ha visti parlare insieme e forse sa qualcosa su questo
John Shooter, nazionalità Mississippi.
Nel frattempo Mort si reca a Derry, dove trova Amy e il suo nuovo compagno Ted, per parlare con la polizia e l’assicurazione.
Tra Mort e Ted non corre buon sangue, essendo quest’ultimo l’uomo che Mort ha sorpreso a letto con Amy mesi prima.
Concluse le formalità, Mort torna a Tashmore, dove Greg lo informa che
Tom afferma di non aver visto nessuno assieme a lui. Perché Tom mente?
Che Shooter lo abbia minacciato? Sarà bene parlare direttamente con Tom,
ma prima Mort chiama il suo editore per chiedergli di farsi spedire la
rivista sulla quale si trova il suo racconto. Prima finisce questa
storia e meglio è. Ma quando Tom non si presenta a lavoro e Greg
all’appuntamento che si erano dati, Mort capisce che è già troppo tardi.
Abbandonata su un sentiero nel bosco, Mort ritrova la macchina di Greg
con dentro lui e il vecchio Tom, morti. Nel cranio di Greg e Tom, il
cacciavite e l’ascia di Mort. Quel pazzo di Shooter è stato in casa sua!
Ne è la prova il cappello nero di Shooter che trova sulla veranda di
casa.
L’unica chance di salvarsi è la rivista. E finalmente arriva, ma…
Le due di notte. È Stagione di semina
In questo racconto di King ci troviamo
alle prese con uno scrittore affetto da un disturbo dissociativo di
identità e schizofrenia. Spunto già di per sé interessante, è reso
ancora più accattivante da due fattori: 1. il fatto che fino alla fine
non sappiamo che Mort Rainey e John Shooter sono in realtà la stessa
persona; 2. la motivazione inconscia che spinge la coscienza di Mort a
questa tremenda scissione della sua mente.
Perché, infatti, Mortimer Rainey, uomo che ha vissuto un’esistenza in
fin dei conti normale, si ritrova all’improvviso a soffrire di una
malattia mentale grave come un disturbo di personalità multipla?
Tutto ha origine da un episodio accaduto nella giovinezza di Mort; al
college, Mortimer frequenta un corso di scrittura creativa in cui è uno
dei più bravi, ma migliore di lui è il compagno John Kintner. Un
racconto in particolare riscuote enorme successo nella classe, “Il corvo
e la volpe”, racconto che Mort conserva senza ben sapere perché.
Dopo qualche anno, Mort invia ad una rivista vari racconti che
puntualmente vede respinti, così decide di mandare il racconto di
Kintner firmandolo col suo nome. Ma quando “Il corvo e la volpe” viene
accettato, Mortimer si ritrova a dover combattere contro una crisi di
coscienza morbosa, un senso di colpa ai limiti del parossismo. Comincia
addirittura a progettare il suicidio nel caso qualcuno riconosca il suo
furto letterario.
Ma il tempo passa e il terrore di un’accusa di plagio scema, finché
l’inconscio di Mort non decide di seppellire definitivamente
quell’episodio scabroso della sua vita nei reconditi più oscuri del suo
cervello.
Mort è ormai un affermato scrittore
quando i lavori per la trasposizione cinematografica di una sua storia
vengono bloccati per la scoperta dell’esistenza di una sceneggiatura
simile al suo romanzo. E Mort rivive il trauma della vergogna di un
possibile plagio, nonostante stavolta sia del tutto innocente e vi siano
semplicemente delle somiglianze tra i due scritti.
Nessun vero problema a livello legale quindi, ma la mente di Mortimer silenziosamente scava nel passato. E scava, e scava.
L’immagine di Amy e Ted a letto
insieme è come una folgore che si imprime nella mente di Mort. La
pistola che ha portato con sé non è carica, giusto?
Una mente fragile, fragilissima, che
colpo dopo colpo si infrange definitivamente. Questa è la causa del
crollo di Mort: una mente troppo debole dinanzi ai duri attacchi che la
vita gli lancia contro.
Insomma, perché compare John Shooter? Shooter è sì la nemesi di Mort, ma
è anche il suo personale giustiziere, la voce della sua coscienza che,
stanca di tenersi dentro un senso di colpa tanto forte, riemerge
trionfante, ormai senza controllo. Non si tratta più di riparare a un
torto del passato, adesso è il momento di pagare, e con gli interessi.
E allora quel racconto di vitale importanza, “Finestra segreta, giardino segreto”, non potrà mai essere ritrovato.
Il perché, poi, si concentri su un
racconto che in realtà è frutto della sua testa, è stato per molto tempo
un punto interrogativo, finché ho pensato che, probabilmente, la sua
mente malata si sia concentrata su quel racconto perché era l’unico che
avesse riscosso un successo tangibile: così come aveva rubato il
racconto di Kintner, adesso aveva rubato quello di Shooter, come se
secondo il suo cervello fosse impensabile supporre Mort capace di
scrivere un vero successo.
E se in un primo momento mi ero
chiesta: _ma che senso ha informare Greg se così facendo dopo lo deve
uccidere?_, poi ho finalmente capito: la necessità di uccidere Tom e
Greg è data semplicemente dal fatto che Mort deve avvalorare, deve concretizzare, l’esistenza dello psicopatico che la sua mente ha creato.
Non solo.
Il fatto che Shooter utilizzi il cacciavite e l’accetta di Mort serve appositamente ad incolparlo, è la sua coscienza che lo punisce letteralmente per ciò che ha fatto in passato.
Per questi motivi non ho minimamente apprezzato il film.
Secret window
Se nel racconto, l’origine scatenante
del tracollo di Mort è il suo senso di colpa, nel film tutto ciò viene
semplicemente imputato all’infedeltà della moglie. Un tantino scarso,
non trovate? Il tradimento di Amy è stato il fattore scatenante, la
classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma non il motivo
primordiale. Anche perché se così fosse, metà della popolazione mondiale
dovrebbe dare di matto e sdoppiarsi in uno psicopatico omicida. Poi che
c’entra, la mente umana è un mistero data la sua imprevedibilità, ma mi
pare comunque esagerato come presupposto.
Sta di fatto che, a causa di questa manipolazione narrativa, nel film
viene completamente travisata la causa dello sdoppiamento di Mort e
diventa quindi assurdo il fatto che Mort nasconda le uccisioni di Tom e
Greg (cosa che infatti nel racconto non avviene, in quanto sono la sua espiazione);
la mente non è mai del tutto divisa, l’inconscio è uno ed uno soltanto,
quindi non ha senso che Mort informi Greg di Tom e Shooter, e che poi
questi li ammazzi perché non si possa risalire a lui, e Mort ne occulti i
cadaveri perché altrimenti verrebbe incolpato. Mi seguite?
Non mi è piaciuta neanche la scelta
del regista di rivelare la pazzia di Mort tutta insieme, spiegando per
filo e per segno come sono andate le cose.
Secondo me sarebbe stato più d’effetto tenendo all’oscuro lo spettatore
fino all’ultimo: Mort torna a casa e indossa il cappello di Shooter. La
scena si sposta su Amy che arriva a Tashmore, entra in casa e trova
tutto a soqquadro. Poi appare lui, Shooter.
Non sarebbe stato più d’impatto in questo modo?
Poi ovviamente, per avvalorare la creazione di Shooter nella mente di
Mort secondo l’adattamento cinematografico, il suo nome si è ricomposto
in ‘shoot her’, sparale, cioè a lei, Amy, che è la causa del suo delirio.
In ultimo il finale, completamente
diverso dal libro; le due personalità si fondono in un tutt’uno e il
“nuovo” Mort traduce in realtà il finale del suo racconto.
Ecco, questo finale non ha senso: in questo modo sembra che la mente di
Mort abbia creato Shooter solo per far emergere la parte “cattiva” di
Mort, il quale alla fine, prendendo coscienza del suo lato oscuro, si
“riappacifica” e ricongiunge con la personalità abusiva di Shooter. Ma
la sindrome di personalità multipla non funziona così: sì, l’altra
personalità emerge per difesa, dopo un trauma o forti repressioni del
Super Io, per dirla alla Freud, ma non può semplicemente rifondersi alla
personalità di base, perché si tratta di identità completamente
diverse, con la propria indole e peculiarità.
Quindi, insomma, no, non mi è piaciuto affatto il film.
Conclusioni
Come lo stesso autore afferma nell’introduzione al racconto, Finestra segreta, giardino segreto riprende quella tematica (ovviamente con delle differenze) dello sdoppiamento che già era presente ne La metà oscura
(che vi consiglio assolutamente di leggere!), in cui il bene e il male
fanno parte della stessa faccia della medaglia. Non esiste il buono e il
cattivo, esistono solo le nostre scelte che inevitabilmente ci portano
ad essere ora l’uno, ora l’altro.
C’è da dire anche che Finestra segreta, giardino segreto non è
il solito racconto di King: molto più introspettivo, è un racconto
claustrofobico, un crescendo di tensione psicologica in cui un senso di
apnea ansiogena accompagna il lettore in concomitanza con il
protagonista; se Mort perde sempre più pezzi quanto più la rivista non
viene ritrovata, così anche noi ci sentiamo intrappolati nella morsa
letale di Shooter.
Il finale, quello vero, è poi un classico di King, in cui la realtà e il
soprannaturale si mescolano e niente è certo. Neanche per il lettore.
Voto: ★★★★
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